venerdì 7 ottobre 2011

Acidosi nei bambini...e negli adulti

Che cos’è l’acidosi. Come si forma e come fare per riconoscerla nei nostri figli


“Quanto sei acido!” Così bolliamo una persona dal comportamento brusco ed aggressivo e lo facciamo con una buona dose di verità!
Infatti, una forte acidosi dei nostri liquidi corporei e delle nostre cellule, ci può procurare un senso di spossatezza, d’irritabilità e decisamente un cattivo umore.

Ma cos’è l’acidosi? Si realizza questo particolare stato biochimico quando gli atomi d’idrogeno, (misurati con una scala di grandezza denominata pH), superano una certa soglia in un materiale in esame. Per convenzione, si giudica neutro uno stato di pH uguale a 7, acido inferiore a 7 ed alcalino o basico se superiore.
Il pH del sangue è normalmente 7,36 (con oscillazioni massime tra 7,3 e 7,8 in casi estremi), quello della saliva (che con buona approssimazione rappresenta il valore della linfa e perciò del liquido interstiziale ) non deve scendere sotto 6,34, ma è molto meglio se supera il 7, quello della bile si situa tra 7,5 e 8,8 e così quello prodotto delle ghiandole duodenali e dell’intestino tenue. Inoltre, il pH del colon è circa 7,9, del retto 7,8, della congiuntiva 7,3, come quello del liquido cefalo-rachidiano (che avvolge il cervello ed il midollo spinale). Questo per dare un’idea della
necessità che ha l’organismo di mantenere uno stato alcalino nella maggior parte dei suoi organi, nutrendoli tramite il sangue ed il liquido interstiziale, ambedue a reazione basica. In effetti, una buona parte del lavoro dei polmoni, del fegato, del sangue, dei reni e del tessuto connettivo (che avvolge e sorregge tutti gli organi) col suo liquido interstiziale è proprio volto alla neutralizzazione ed alla eliminazione degli acidi. Questo fa sì che, ad esempio, il pH delle urine possa oscillare tra 4,8 e 8, a seconda del carico di acidi che i reni sono costretti a smaltire e così avviene anche per il sudore e la saliva.
Tra gli organi, il più acido di tutti è lo stomaco che deve produrre acido cloridrico per la digestione del cibo proteico ed ha perciò un pH compreso tra 1,2 e 3. Tuttavia, si tratta di un’acidosi solo localmente necessaria. In effetti, pochi sanno che le sue cellule parietali, per compensazione, producono una gran quantità di bicarbonato di sodio. Questa molecola, impregnando il muco che riveste la mucosa gastrica, la difende dall’erosione dell’acido. Inoltre, buona parte del bicarbonato si riversa nel torrente sanguigno aiutando l’alcalinizzazione di tutti i distretti corporei.
Anche la vagina presenta un pH tra 4 e 4,7 dovuto alla produzione di acido lattico da parte di alcuni suoi batteri. Questo acido funziona da necessario inibitore locale per la crescita e l’attecchimento dei batteri patogeni e spiega così l’apparente contraddizione. D’altra parte, anche qui la mucosa vaginale viene protetta dall’acido tramite uno strato di muco. Va detto, inoltre, che una espulsione continua di acidi per via vaginale (se il corpo è in forte acidosi) è in grado di generare una candidosi cronica nella bambina, di difficile soluzione con i semplici antifungini. E’ interessante notare come, in caso di acidosi più o meno conclamata, venga rispettata una gerarchia degli organi, nel senso che cominceranno a farsi carico di queste tossine acide, proprio quelli ritenuti meno indispensabili per la sopravvivenza. Ad esempio, interverrà per primo il tessuto connettivo ed il sangue subentrerà solo in un secondo tempo.

Come si formano gli acidi in eccesso? La prima causa è l’errata alimentazione. Questa si verifica quando i bambini assumono un surplus di proteine (carne soprattutto e formaggi), oppure di carboidrati raffinati (zucchero, pasta, pane, riso). Questi ultimi, nello specifico, subiscono processi fermentativi nell’intestino con generazione di acidi.
Ancora più grave è la scarsa assunzione da parte della maggior parte dei bambini di frutta e verdura crude, che sono invece i serbatoi naturali delle sostanze alcaline. Queste ultime possono essere acquisite solo con l’alimentazione e vanno a compensare la produzione di sostanze acide da parte dell’organismo.
E’ da tenere presente che anche la fame ed il digiuno generano ipoglicemia e conseguente formazione di chetoacidi. Per cui se è corretto avere un sano appetito, non è altrettanto valido sentirsi affamati e neanche fare un digiuno prolungato, sia pure a scopi terapeutici, senza assumere centrifugati di frutta e verdura fatti in casa e/o polveri alcalinizzanti.
Un’altra causa è data dalle malattie croniche che generano una gran quantità di sostanze acide o sono da queste provocate, in un circolo vizioso difficilmente risolvibile. Ad esempio, nel diabete si ha un aumento della produzione di chetoacidi; nell’ipertiroidismo, a causa del metabolismo accelerato, si ha iperproduzione di acidi; nelle epatopatie lo stesso avviene per la ridotta capacità detossicante del fegato; nelle patologie renali per le difficoltà di eliminazione dei prodotti tossici ed infine nelle malattie gastriche ed intestinali per la maldigestione putrefattiva e fermentativa.
Di contro, le malattie infettive acute (spesso con elevazione febbrile), altro non sono che il sano tentativo da parte di Madre Natura di eliminare gli acidi accumulatisi in eccesso, tramite le secrezioni catarrali, il vomito, la diarrea, l’ipersudorazione e l’ipersalivazione, la necessità di urinare di continuo. Questo è il motivo per cui il medico accorto dovrebbe valutare bene l’uso dei farmaci soppressivi come gli antibiotici od i cortisonici, riservandone l’uso solo ai casi veramente gravi.
Non è casuale che le recidive nel bambino curato in maniera soppressiva divengano spesso la norma, nel tentativo ripetuto da parte dell’organismo di sbarazzarsi delle tossine, sino a che il corpo stesso desiste sfinito dai suoi inutili tentativi, dando inizio alla malattia cronica da cui spesso non ci si libera più. Infatti, le tossine non espulse si vanno a depositare definitivamente ed in via gerarchica negli organi più disparati, infiammandone i tessuti e facendoli degenerare.
Ci arrabbiamo col destino che all’improvviso ci mette di fronte ad una malattia “piovuta dal cielo”, quando invece la cattiva dieta, lo stress eccessivo, l’igiene e lo stile di vita errato, oltre all’uso indiscriminato di sostanze soppressive, sono la vera causa sotterranea del danno subito, escluse ovviamente le cause genetiche, traumatiche e da intossicazione esogena.
La maggior parte dei nostri bambini vive, perciò, in uno stato di acidosi latente che, raggiunta una certa soglia, può esplodere con i sintomi acuti da espulsione acida, oppure malauguratamente in forma cronica, molto più difficile da curare.

Come accorgersi di questa acidosi latente prima che la malattia insorga? Con la semplice osservazione del bambino possiamo cogliere dei chiari segnali d’allarme. Ad esempio, la sua pelle, per alterazione dei suoi componenti e della secrezione sudoripara e sebacea, può divenire troppo secca o addirittura squamosa, può perdere il colorito roseo e la consistenza elastica, assumendo una tonalità pallida o grigiastra, giallastra, brunastra od anche presentare macchie e verruche quali depositi di tossine acide.
I capelli del bambino possono divenire in un primo tempo grassi, poi riempirsi di forfora ed infine sfibrarsi, divenire fragili e cadere.
Le unghie divengono fragili anch’esse e perdono la lunetta bianca.
Le congiuntive possono essere infiammate dalla lacrimazione acida e presentare delle crosticine all’angolo dell’occhio al mattino, dovute sempre a fenomeni espulsivi di tossine.
La lingua cosiddetta “acida” è di colore rosso intenso, disidratata o ricoperta da una patina spessa e presenta varie fissurazioni.
Alitosi, sudorazione acida e feci acide con irritazione della zona perianale possono essere presenti.
A parte i sintomi obiettivi e soggettivi, ci sono poi dei metodi di laboratorio specifici per la misurazione acido-basica, come il metodo di Jorgensen o quello di Sander o il test EXA (che conteggia il numero di ioni alcalini presenti nella cellula). Tuttavia, almeno in Italia, non è asolutamente diffuso il loro utilizzo, vista la scarsa conoscenza di queste tematiche così essenziali. La misurazione dell’urina e della saliva con la cartina tornasole ed una scala colorimetrica di riferimento, può supplire parzialmente al loro utilizzo, poiché fornisce un’indicazione di massima di quello che sta avvenendo al metabolismo del bambino. Un valore maggiore di 7, (e non di 6 come normalmente viene indicato), rappresenta uno stato in linea di massima equilibrato, ma potrebbero esserci meccanismi compensatori da parte dell’organismo che traggono in inganno.
Il valore più certo è quello della valutazione dell’acidosi intracellulare. Infatti, studiando le percentuali di ioni alcalini intracellulari possiamo avere un’idea certa di quanta riserva basica possiedono quelle stesse cellule.

Analizziamo ora i più importanti disturbi da iperacidità corporea Alcune volte anche nel bambino si rileva gastrite da Helycobacter pilori. Questo batterio in condizioni normali è innocuo ed ha il suo habitat nella mucosa gastrica alcalina. In caso di iperacidità, il germe si difende producendo ammoniaca. Questa apre un varco all’acido cloridrico che può così erodere ed eventualmente ulcerare la mucosa gastrica.
Rimanendo al sistema gastrointestinale, è frequente riscontrare nei bambini episodi ricorrenti di diarrea o la stipsi cronica. Possono essere dovute, la prima al tentativo dell’intestino di liberarsi dagli acidi in eccesso e la seconda al blocco del normale transito fecale provocato dalle tossine. Anche il fegato può diminuire le sue prestazioni come filtro organico, generando fenomeni allergici di vario tipo.
Per quanto riguarda gli effetti sulla circolazione, va detto che il maggior danno dell’iperacidità si verifica a livello dei capillari sanguigni e non dei grossi vasi. Infatti il pH ematico di questi ultimi viene sempre mantenuto su valori alcalini ai fini della sopravvivenza generale, ma a livello capillare le cellule cedono ai globuli rossi le sostanze acide, generando un irrigidimento della membrana globulare che ne limita il normale scorrimento con danni localizzati. Ne deriva difficoltà di ossigenazione con conseguente spasmo vasale. Tutto questo può generare danni negli organi più disparati, non escluso il cuore, con possibili aritmie legate ad alterazioni del potassio. Questa tendenza dell’acidosi a generare spasmi, si evidenzia anche a livello dei bronchi, con le crisi asmatiche od anche nel cervello con attacchi di emicrania dovuti a ipercontrazione vasale. D’altra parte, una cattiva ossigenazione fa parte ormai della vita del bambino di città: non sta più all’aria aperta e sta seduto troppo a lungo, con conseguente rallentamento della circolazione sanguigna ed ipossigenazione, giocando per ore al computer o alla playstation, con la TV perennemente accesa e se fa del moto, lo fa al chiuso, in palestra od in piscine inquinate dal cloro ed altri disinfettanti tossici. Passando ai danni dell’acidosi a livello neuropsicologico, possiamo osservare nel bambino una prima lunga fase di iperattività, che poi, consumate tutte le sue energie, si trasforma sempre più in stanchezza e spossatezza, svogliatezza, con difficoltà di concentrazione, diminuita capacità mnemonica e d’apprendimento. Si può arrivare a fasi d’umore depresso, alternate a forte eccitabilità.
Tutto questo è spiegabile con un influsso diretto degli acidi sulla circolazione e l’ossigenazione cerebrale, oltre che ad un’attivazione iniziale del sistema vegetativo simpatico. Quest’ultimo agisce come uno stimolante dell’attività generale, per poi condurre alla lunga ad un esaurimento delle forze, come dimostrato da Selye nei suoi studi sullo stress. Anche il tessuto osseo può essere messo in difficoltà dall’acidosi, visto che gli ioni calcio entrano nell’osso tramite la fosfatasi alcalina, un enzima funzionante in maniera ottimale, come dice il nome, in ambiente basico.
Lo smalto dei denti, poi, può essere salvaguardato solo da una saliva a reazione basica, mentre un pH acido può portare alla carie. Inoltre, la presenza di acidosi costringe l’organismo a depauperare ossa e denti dai loro ioni basici (calcio, magnesio).
Anche la pelle subisce danni dall’acidosi sotto forma di dermatiti che sono spesso un tentativo da parte dell’organismo di liberarsi dalle tossine e non andrebbero soppresse con le pomate cortisoniche. A livello del tessuto muscolare, tendineo ed articolare, va considerato come i cosiddetti “dolori di crescita” potrebbero in realtà riferirsi sovente all’accumulazione di acidi in questi tessuti, così come avviene nello sportivo sovraffaticato dall’allenamento o da una gara che immagazzina l’acido lattico prodotto dallo sforzo anaerobio proprio in questi distretti con i dolori conseguenti. Sarebbe importante che anche la donna gravida ed in allattamento evitasse l’acidosi che può portare al vomito gravidico e impedire la produzione di un latte di più alto valore per il bambino.
Infine, molti studi rivelano una stretta correlazione tra l’insorgere dei tumori ed uno stato di acidosi latente nel soggetto colpito. Questo stato biochimico alterato può anche portare ad una più difficile espulsione dei metalli pesanti dall’organismo e ad una particolare sensibilità ai danni da elettromagnetismo. Alcuni studi hanno evidenziato, inoltre, come il passaggio ad uno stato più marcatamente basico abbia apportato netti vantaggi sulla coagulazione sanguigna (diminuzione del fibrinogeno plasmatico), una diminuzione di tutti i processi infiammatori cronici, un abbassamento del colesterolo (per attivazione epatica), una diminuzione della pressione sanguigna.
Come curarsi, allora, dall’acidosi?
Prima di tutto, bisogna cambiare alimentazione. Assumere molta frutta e verdura (anche il 60/70% degli alimenti consumati quotidianamente), possibilmente crude od anche sotto forma di un bicchiere di centrifugato alla sera che influisce in maniera marcata sul pH urinario del mattino seguente.
Abbiamo già detto che, tranne rare eccezioni, questi alimenti sono gli unici, insieme al latte ed allo yogurt di capra, pecora, o di mucca biologico ad essere basici. Gli altri alimenti vanno da lievemente acidi a fortemente acidi. Nella prima categoria troviamo la frutta secca dolce (fichi, banane, datteri) e le cosiddette “noci” (nocciole, mandorle), si sale in acidità coi cereali, sia pure integrali ed i legumi, per arrivare ai più acidi da assumere in piccole dosi quotidiane quali le proteine animali (dal pesce all’uovo, dai formaggi freschi alle carni bianche, sino alle carni rosse ed ai formaggi fermentati).
Purtroppo, i dati sui valori basici o acidi degli alimenti oscillano molto nelle varie tabelle, a causa dei metodi diversi di coltivazione (biologica o meno), di stoccaggio, di conservazione, di luogo di coltura, di acqua utilizzata etc. L’importante è seguire le indicazioni generali, limitando al massimo i generatori di acidità come lo zucchero bianco, i prodotti conservati ed inscatolati, i grassi idrogenati, i cereali raffinati, gli alcolici, gli stimolanti, l’eccesso di proteine animali etc. Esistono in commercio delle polveri alcalinizzanti diversamente formulate (a base di bicarbonato di sodio, carbonato di magnesio, bicarbonato di potassio etc) che possono aiutare a raggiungere l’equilibrio acido - basico, e che vanno assunte sciolte in acqua, meglio prima di coricarsi. Possono essere utili anche i bagni termali con acque ricche di soda, la doccia quotidiana che elimina le tossine acide espulse col sudore, la sauna, gli infrarossi (che riscaldano i tessuti sino a 4 cm in profondità provocando la fuoruscita di grassi, acqua, colesterolo, tossine acide e metalli pesanti); i massaggi che sciolgono il grasso sottocutaneo gelificato costringendolo a liberare le tossine qui segregate; la sudorazione da esercizio aerobico; il bagno con acqua miscelata a bicarbonato ed anche gli enteroclismi basici.

Di Antonio De Palma

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